26.11.05

 

Violenza sulle donne, in Francia e nel mondo


Dati a dir poco sconcertanti, quelli resi noti dalla Francia a pochi giorni dal 25 novembre, "Giornata internazionale di lotta contro la violenza alle donne", proclamata dall' Onu nel 1999 in memoria delle tre sorelle Mirabal assassinate a Santo Domingo nel 1981.

A causa di violenze o liti coniugali, fra il 2003 e il 2004, 163 donne sono state vittime di un uomo, 46 uomini di una donna, due i casi di una donna vittima di un'altra donna e di un uomo ucciso da un altro uomo. In totale 211 persone: una donna ogni 4 giorni e un uomo ogni 16.

Il momento più a rischio di violenza, secondo l'inchiesta della polizia, sarebbe quello della separazione tra i coniugi: il 31% dei casi di decesso avverrebbe proprio in questo periodo, seguito poi da un suicidio (19%) nel caso l'aggressore sia maschio.

Il governo francese, auspicando "pene più severe" per rinforzare la lotta contro le violenze coniugali, ha approvato quattro misure di intervento:
- l'accoglimento delle donne picchiate in famiglia;
- l'applicazione di aggravanti nei confronti di mariti, concubini e conviventi;
- la creazione di percorsi di recupero psicologico per le donne aggredite;
- il miglioramento dei programmi di recupero per i violenti.

Il Ministro per le pari opportunità, Catherine Vautrin, vuole anche una campagna di comunicazione più incisiva sul tema delle violenze in famiglia. "È proprio il silenzio il peggior nemico da combattere", aggiunge la senatrice Catherine Tasca.

(Corsera, 23.11.05)
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Difficile da credere eppure è cosi: sono le violenze subite dall'uomo, prima del cancro, degli incidenti stradali e della guerra, ad uccidere le donne nel mondo o a causarne l'invalidità permanente!

Se, all'estremo, in Russia il 75% delle 13.000 donne decedute in un anno è stato a causa dei sopprusi di un uomo, in altre parti del mondo la situazione non è migliore: in America e in Svezia, per esempio, ogni 4 minuti viene violentata una donna.

Il rapporto del Fondo delle Nazioni unite per la popolazione 2005 ha indagato la situazione della donna in diversi settori: violenza, istruzione, politica e salute. Il rapporto presenta un quadro poco edificante della situazione della donna nel mondo.

Violenza: nel mondo una donna su tre ha subito violenze, anche di carattere sessuale in genere da un membro della famiglia o da un conoscente.

Analfabetismo: 137 milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni sono analfabeti, di cui il 63% sono donne.

Politica: nel mondo solo il 16% dei seggi parlamentari sono detenuti da donne.

Nascite: circa mezzo milione di donne muore ogni anno per cause legate alla gravidanza e al parto di cui, il 99% dei casi, avviene nei Paesi in via di sviluppo.

Mortalità infantile: 4 milioni di bambini, dei 130 milioni che nascono ogni anno, muoiono nel primo mese di vita. Per ogni donna che muore per questi motivi altre 20 soffrono di invalidità o malattie.

Madri adolescenti: sono circa 14 milioni le adolescenti fra i 15 e i 19 anni che ogni anno diventano madri.

Aids: delle persone sieropositive circa la metà sono donne.

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25.11.05

 

Aborto libero e gratuito!


Da quando è stata approvata la legge sull'aborto alla fine degli anni settanta, la chiesa cattolica italiana non si è mai arresa. E di recente, per voce del solito Ruini, si è rifatta sotto. Ma oggi, attraverso il ministro della salute Francesco Storace, assieme all'Udc, anche il centro-destra sta conducendo una vera e propria battaglia contro l'interruzione volontaria di gravidanza.

Sabato scorso il ministro, che milita in Alleanza nazionale, ha detto che vuole assicurare la presenza di volontari antiabortisti nei consultori. Storace si è dichiarato contrario alla legge attuale e ha precisato che, essendo comunque obbligato a rispettarla, vuole applicarla integralmente, "a cominciare dalle disposizioni sulla prevenzione che sottolineano il diritto ad abortire, ma anche a non abortire".

La legge sulla fecondazione assistita contiene già un primo attacco, alla radice, mediante la difesa dell'embrione, al diritto di poter abortire non clandestinamente e dignitosamente. Quindi, queste prese di posizione non meravigliano. Ma vanno rintuzzate, per far si che abortiscano quanto prima.

La legge sull'aborto del 1978 (L. 22 maggio 1978, n. 194) è già di per sè limitata e, pertanto, va non solo difesa bensì migliorata, per un aborto veramente libero e gratuito. Tuttavia, finora, le reazioni femminili sono state tiepide. E' vero che di fronte ai problemi della sopravvivenza quotidiana, questo dell'aborto potrebbe sembrare l'ultima delle preoccupazioni. Tuttavia, è sbagliato sottovalutare questo ennesimo attacco al diritto di autodeterminazione della donna. Quando si lascia aperto un varco, la falla diventa voragine e ci può travolgere...

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2.11.05

 

Omicidi in famiglia: nel 2003 ancora uno ogni 40 ore. Vittime le donne e al Nord


Un omicidio ogni giorno e mezzo, ossia 1 ogni 40 ore, tra le mura domestiche


La famiglia si conferma come luogo principale in cui avvengono gli omicidi, con 201 vittime nel 2003, pari al 30,5% di quelle complessivamente censite dalla banca dati. Il fenomeno si presenta tuttavia in calo (-9,9%, rispetto alle 223 vittime del 2002). Questo secondo una ricerca Eures 2004 sugli omicidi volontari in Italia.

I delitti in famiglia avvengono soprattutto al Nord (103 vittime, pari al 51,2%), rispetto al Sud (55, pari a 27,4%) e al Centro (43, pari al 21,4%). A livello regionale, la Lombardia si conferma la regione più interessata dal fenomeno, con 35 vittime (pari al 17,4%), seguita da Piemonte (20 vittime, pari al 10%), Lazio (19 vittime pari al 9,5%), Emilia Romagna (17 vittime, pari all'8,5%), Liguria (14 casi, pari al 7%), Sicilia (13 vittime, pari al 6,5%) e Toscana (12 vittime pari al 6%). La provincia più colpita è Milano, con 19 vittime di omicidio (pari al 9,5% del totale), seguita da Roma e Genova, rispettivamente con 17 e 10 vittime. Il primato della Lombardia è confermato anche dalla graduatoria provinciale, che vede accanto a Milano altre due province lombarde ai primi posti: Bergamo, con 5 vittime e Brescia con 4.

Nei 201 omicidi in famiglia prevalgono le vittime donne (67,7% dei casi a fronte del 32,3% degli uomini), più numerose al Nord (69,9% contro il 30,1% degli uomini), rispetto al Centro (67,4% contro 32,6%) e al Sud (63,6% contro 36,4% ).

Il maggior numero delle vittime di omicidio in famiglia si registra tra gli over 64 (43 vittime, pari al 21,4% del totale), caratterizzando il 2003 per un consistente numero di omicidi-suicidi all’interno di coppie anziane e per una crescita degli omicidi a danno di persone in situazione di grave disagio e di quelli compiuti da autori sofferenti di un disturbo mentale, che hanno visto come vittime prevalenti donne anziane. Analogo è il numero delle vittime per la fascia 35-44 anni (42 vittime, pari al 20,9%), cui segue la fascia 25-34 anni (33 vittime, pari al 16,4%) e quella 45-54 anni (28 vittime, pari al 13,9%); sono 23 le vittime con meno di 18 anni (11,4%) e 14 quelle della fascia 19-24 (7%). Elevata, nel 2003, la presenza di vittime tra le casalinghe (45 pari al 22,4%) e i pensionati (27 vittime, pari al 13,4%), seguiti da impiegati (21 vittime, pari al 10,5%), operai/manovali/braccianti (15 vittime, pari al 7,5%) e da vittime in età prescolare (ancora con 15 casi).

Nel 60,2% dei casi vittima e autore avevano una relazione di convivenza al momento del delitto, mentre nel 39,8% non si presentava tale condizione. La convivenza prevale nelle situazioni di grave disagio (100% nei casi di disagio della vittima; 87% per disturbi psichici dell’autore; 68,6% nei casi attribuiti a raptus), negli omicidi per futili motivi (81,8%) o per liti e dissapori (57,1%); la convivenza è invece minoritaria negli omicidi passionali (40%) dove è prevalentemente la separazione la causa scatenante, e negli omicidi per motivi di interesse o denaro, dove in 8 casi su 10 vittima e autore risultano non conviventi.

Nella maggior parte dei casi la vittima è il coniuge o il convivente (67 vittime, pari al 33,3%), seguono i figli (33, pari al 16,4%) e gli ex coniugi/ex partner (24, pari all’11,9%); elevato anche il numero dei genitori (19, pari al 9,5%), quello dei partner (17, pari all’8,5%) e degli altri familiari (12, pari 6%). In calo il fenomeno degli omicidi tra fratelli, con 7 casi (3,5%).

Movente

Il movente passionale (con 55 vittime pari al 27,4%), si conferma come movente principale degli omicidi in famiglia; seguono il raptus (35, pari al 17,4% del totale), le liti (28, pari al 13,9%) e i disturbi psichici dell’autore (23, pari all’11,4%). Il Sud risulta in coda per quanto riguarda l’incidenza dei delitti passionali (18,2%), rispetto al Centro (39,5%) e al Nord (27,2%). In relazione al genere, tra le vittime donne prevale il movente passionale (31,6% rispetto al 18,5% degli uomini), quello del disturbo psichico dell’autore (13,2% contro il 7,7% tra gli uomini) e la condizione di grave disagio (10,3% rispetto al 6,2% tra gli uomini). Tra gli uomini risulta più elevata la percentuale delle vittime seguite a un raptus dell’autore (il 18,5% contro il 16,9% tra le donne), nei delitti per denaro/interesse (10,8% contro il 2,2%) ed in quelli per vendetta o riscatto della vittima per precedenti violenze subite (9,2% contro l’1,5% tra le donne).

Autore

Gli autori di omicidi in famiglia sono soprattutto maschi (171 pari all’82,2%, contro 37 donne), con un età compresa tra i 35 e i 44anni (40 autori pari al 23,4%); seguono con il 20,5% gli over 64, con il 19,9% i 45-54enni e quelli di età compresa tra i 25 e i 34 anni (15,8%); sono invece 13 gli autori di omicidio domestico che hanno meno di 24 anni (pari al 7,6% rispetto al 6,2% del 2002), di cui 3 (pari all’1,7%) minorenni. Relativamente più giovani risultano invece le donne autrici di omicidio: il 37,8% è nella fascia 25-34 anni (14 in valori assoluti) e il 21,6% in quella 35-44 (8 omicide); risulta molto basso il numero delle omicide con più di 55 anni, con soltanto 6 casi registrati. Tra gli autori prevalgono i pensionati (39 autori pari al 18,8%), gli operai/manovali (26 autori pari al 12,5%) e gli uomini delle Forze Armate e di Polizia (17 autori pari all’8,2%); seguono gli impiegati (6,7%, con 14 autori) e le casalinghe (12, pari al 5,8%); sotto la soglia del 5% i liberi professionisti e i precari (entrambi con il 4,8%). Nel 53,2% dei casi l’autore del delitto viene arrestato o si costituisce, il 12,4% prova a sfuggire alla giustizia, nel 27,9% si suicida e nel 6,5% tenta il suicidio.

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La “questione femminile” oggi e la rivoluzione proletaria


La recrudescenza della violenza sulla donna, in famiglia e fuori, in occidente ed in oriente (v. Cina); la schiavizzazione e la repressione violenta delle donne, nei paesi di cultura islamica, pongono in primo piano la “questione femminile”, come problema prioritario per qualunque tattica e strategia rivoluzionaria mirata all’abbattimento della società capitalistica e all’avvento del comunismo. Il livello inaudito cui è giunta l’oppressione e la violenza anti-femminili, nel mondo intero, non lascia più spazio per tergiversare, rimandare, subordinare la soluzione della “questione femminile” ad altre, ritenute “più importanti” o più “urgenti”.

Ciò comporta tutta una serie di conseguenze, tra le quali queste:
- 1. o la donna partecipa attivamente a qualsivoglia iniziativa, di organizzazione e di lotta, proletaria, oppure esse sono destinate a fallire in partenza;
- 2. qualunque movimento, di qualunque natura (culturale, sociale, politico, di lotta), e qualunque nome ed obbiettivo si prefigga (anche il più avanzato e rivoluzionario), che addirittura teorizzi, oppure solo permetta, tolleri, giustifichi, “comprenda” o sottintenda, in qualunque forma, l’oppressione femminile, è – in sé e per sé – contro-rivoluzionario, e va combattuto in quanto tale, senza mezzi termini.

L’imperialismo, come fase culminante del capitalismo, è da alcuni decenni in putrefazione. I suoi miasmi stanno mietendo milioni di vittime ogni anno, tra guerre, malattie, “infortuni” sul lavoro e fame. In occidente, l’ultima crisi si trascina da alcuni anni, tra recessione e stagnazione, intervallate da qualche spunto di ripresa momentanea, foriero di ricadute repentine. La parola d’ordine è: salvare i profitti, a tutti i costi. E il costo principale lo pagano le donne: ricacciate a casa, con le buone o le cattive, spesso con le cattive; oberate di tutti i fardelli familiari e sociali, e – al minimo cenno di ribellione – massacrate di botte.

Nei paesi “in via di sviluppo”, l’accumulazione accelerata di capitale avviene grazie allo stritolamento femminile. Nei paesi di nazionalismo e di imperialismo islamico, basati su monoproduzioni (di solito petrolio) e con scarso sviluppo industriale, l’espropriazione dei produttori diretti (contadini, pastori, artigiani) ha creato una sovrapopolazione assoluta, invece di un esercito industriale di riserva. In questo quadro la donna, non avendo alcuna funzione produttiva, ma solo riproduttiva, è ridotta a merce, schiavizzata; e le masse di diseredati vengono tenute a bada dando loro in proprietà le donne della loro famiglia, come unica loro ricchezza, e vengono inquadrate nelle moschee e nelle scuole coraniche per farne dei fedeli soldati a cieca disposizione di un pugno di rentier.

Il fenomeno che va individuato, analizzato, sottolineato, evidenziato, a livello mondiale, è l’immane travaglio delle donne, in primo luogo proletarie ed operaie, per poter resistere al peso insopportabile che incombe su di loro; e i tentativi, individuali e di gruppo, di reagire, per scaricarsi di dosso questo fardello. Vi sono milioni di esempi quotidiani in tal senso, che si attuano all’interno delle singole famiglie, delle singole case, in ogni luogo e in modo sotterraneo. Solo questo spiega l’attuale, spaventosa, recrudescenza della violenza, maschile, sociale e statale, contro la donna. La religione, tutte le religioni, anche quelle che si mascherano dietro una fasulla “laicità”, stanno collaborando in prima linea con gli avvoltoi del profitto per tenere a bada le donne, per convincerle che è il loro destino di fungere da vittime sacrificali per la salvezza di un sistema putrescente, per inculcare loro il senso di “sacrificio”, quale più alta virtù femminile.

Schieriamoci dalla parte delle donne, sosteniamo gli spunti di ribellione, di autonomizzazione e di lotta delle donne proletarie ed operaie, contro ogni forma di imperialismo, e ogni forma di “cultura” e di religione che lo sostengono; per la rivoluzione proletaria e il comunismo!

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"La donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal Capitale"

(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921)

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Sciopero generale, subito!

Stop agli omicidi del profitto! Blocchiamo per un giorno ogni attività. Fermiamo la mano assassina del capitale. Organizziamoci nei posti di lavoro in comitati autonomi operai con funzioni ispettive. Vogliamo uscire di casa... e tornarci!

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