10.3.09

 

Il monito Ue: «L'Italia aumenti l'età pensionabile, a partire dalle donne»


Ma i conti dell'Inps vanno a gonfie vele: l'avanzo 2008 ammonta a 11 miliardi di euro. «No» dei sindacati a un'altra riforma. (S.F.)

Per pura coincidenza, nel giorno in cui l'Unione europea rinnova la raccomandazione all'Italia sull'innalzamento della pensione di vecchiaia per le donne che lavorano nella pubblica amministrazione, l'istituto nazionale di previdenza (Inps) comunica i suoi dati di bilancio. E dato che non era difficile leggere nelle reazioni politiche nostrane alla decisione europea di parificare l'età pensionabile delle donne a quella degli uomini l'intenzione di rimettere mano al sistema previdenziale per tutti per fare cassa (cosa peraltro confermata direttamente ieri da Bruxelles), la notizia che l'Inps può contare su ben 11 miliardi di avanzo della propria gestione, fa il giro sulle bocche di tutti (sindacati soprattutto) in men che non si dica. Nell'ordine. La «bozza di raccomandazione» che dovrebbe essere adottata martedì dai ministri finanziari Ue - per essere poi portata al consiglio dei capi di stato e di governo Ue del 19 e 20 marzo - fa riferimento ad un annoso problema nostrano: il fatto cioè che sia la spesa pensionistica ad assorbire quasi completamente la spesa sociale italiana in termini di percentuale sul Pil (anche se ciò che si sottace sempre è che sulla spesa pensionistica nostrana grava anche quella assistenziale, a differenza di quanto accade negli altri paesi europei, dove l'assistenza è a carico della fiscalità generale). Dice l'Ue: la spesa italiana per le pensioni cresce meno che negli anni passati, ma resta comunque tra le più alte in Europa, nonostante le ultime riforme (ultimissimi, gli 'scalini' di Prodi nel protocollo welfare del 2007). Perciò, per garantire la sostenibilità del sistema sul lungo periodo, si potrebbe pensare di aumentare i requisiti d'età (con le donne a fare da apripista). Bruxelles suggerisce quindi di utilizzare eventuali nuovi introiti per ampliare il sistema di sostegno alla disoccupazione e renderlo «più inclusivo e uniforme». Il premier Berlusconi resta cauto, soprattutto dopo i malumori in seno al governo stesso creati dalla bozza sull'adeguamento dell'età pensionistica tra donne e uomini nel pubblico impiego: «Ci hanno chiesto questa cosa. Adesso vediamo cosa fare. Stiamo dialogando». I conti pensionistici sembrano invece andare a gonfie vele, stando ai dati resi noti ieri dall'Inps. Grazie soprattutto alle entrate contributive (in particolare l'aumento dell'aliquota per gli iscritti alla gestione separata e per artigiani e commercianti) l'istituto pensionistico ha potuto contare nel 2008 su un avanzo di gestione (che è la differenza tra entrate, in termini di contributi, e uscite, in termini di prestazioni) di 11 miliardi di attivo, in crescita del 21% rispetto al 2007. Tra il 2001 e il 2008, dice ancora l'Inps, il numero di lavoratori iscritti all'Inps è cresciuto del 38%.

Non si fanno attendere le reazioni dei sindacati, che trovano ormai nella difesa delle pensioni l'unico argomento unitario. Morena Piccinini (Cgil) parla di «un bilancio risanato e di una situazione positiva che dovrebbe essere utilizzata a favore dei lavoratori», e conclude: «Questi 11 miliardi derivano in gran parte dalle maggiori aliquote contributive per il lavoro dipendente e per i parasubordinati, e ad essi devono tornare». «Il vero problema oggi è quello di aumentare gli assegni pensionistici e non l'età, ma su questo Bruxelles non dice nulla», attacca Raffaele Bonanni, leader Cisl, «è davvero penoso che dall'Unione europea arrivi solo l'ennesima raccomandazione ad intervenire sul sistema pensionistico italiano come fosse un gioco di società».

(il manifesto, 8.3.09)

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(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921)

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