29.1.07

 

Donne e partito rivoluzionario

Nel post di presentazione di questo blog, avevamo scritto: "o la donna partecipa attivamente a qualsivoglia iniziativa, di organizzazione e di lotta, proletaria, oppure esse sono destinate a fallire in partenza...".

Ora vogliamo sviluppare questa considerazione, applicandola al problema della costruzione di un partito rivoluzionario, degno di questo nome ma, soprattutto, rivoluzionario nei fatti.

Qui non si tratta di mere "quote rosa". Si tratta di dare un'impronta femminile, se vogliamo anche femminista, ma in senso rivoluzionario e comunista, al partito proletario(1), fin dalla sua origine e nei suoi fondamenti organizzativi: tutto il resto è un problema di lotta politica.

La storia del partito rivoluzionario nel mondo ha dimostrato come la scarsa partecipazione femminile o addirittura le remore nei confronti delle donne ne hanno impedito lo sviluppo genuinamente rivoluzionario. Unica eccezione, il partito bolscevico, il quale tuttavia, nei momenti peggiori, è sopravvissuto grazie al sostegno femminile: basta pensare alle donne (madre, moglie, sorelle, Ines Armand, la stessa Kollontai), le quali hanno sostenuto in tutti i modi e permesso a Lenin di resistere durante la contro-rivoluzione e i momenti peggiori dell'attività di partito durante il confino, la clandestinità e all'estero. In Germania, la grande Rosa Luxemburg invece ne ha passate di tutti i colori, prima col proprio compagno e poi nel partito, in cui la componente maggioritaria maschile l'ha boicottata in tutti i modi, e sulla quale - nonostante tutto - è riuscita ad emergere come un' "aquila". Ma di Rosa Luxemburg ne nascono una ogni cento anni e più, a meno che non cambi il clima e la stessa struttura organizzativa del partito rivoluzionario.

Il maggior spazio politico alle donne all'interno deve riflettersi sulla immagine femminile all'esterno. A partire dal Segretario o Presidente: il partito rivoluzionario dovrà presentarsi all'esterno con una figura femminile che lo rappresenta.

Per gli organismi dirigenti, e le organizzazioni di base, dovrà valere il criterio della parità/maggioranza delle compagne sui compagni. Infatti, se l'organismo, dirigente o di base, sarà composto da un numero dispari di iscritti, le compagne dovranno essere la maggioranza.

Nello Statuto andrà previsto un Congresso femminile, ancor più frequente del Congresso di partito. Ciò per consentire alle compagne di affrontare, tra donne, i loro problemi politici e organizzativi, tempestivamente e onde colmare il divario coi compagni. Stesso criterio negli organismi di base (sezioni ecc.): si dovrà prevedere un Congresso femminile, con gli stessi criteri di quello generale (oltre alle Commissioni femminili correnti).

Diamo qui di seguito un esempio di quello che potrebbe essere una bozza di statuto, soprattutto per quanto riguarda il problema della partecipazione necessaria delle donne al partito rivoluzionario.

INTRODUZIONE

Il partito rivoluzionario, guidato dal materialismo storico e dialettico (Marx-Engels-Lenin), lotta per abbattere lo Stato borghese, instaurare la dittatura del proletariato e, attraverso il socialismo, gettare le basi del comunismo.

Il partito rivoluzionario regola la propria vita interna in base al centralismo democratico e al principio della parità indispensabile delle cariche femminili. Per ogni organismo di partito con più di una compagna, vi deve essere una composizione femminile paritaria o maggioritaria.

IL MILITANTE

- Militante è colui che partecipa attivamente alla lotta di partito in una qualsiasi delle organizzazioni di base (sezione, gruppo di azienda, ecc.).
- Chi intende aderire al partito deve presentare domanda di adesione e compiere un periodo di candidatura di sei mesi. Tale periodo può essere ridotto a tre mesi quando, trattandosi di candidato operaio o di donna proletaria, questi o questa abbiano dimostrato fermezza e maturità politica.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Il Congresso

- Il Congresso si tiene, dietro convocazione del Comitato Centrale, almeno una volta ogni tre anni. Possono essere convocati uno o più Congressi straordinari su richiesta della maggioranza del CC e/o di almeno due Congressi di organizzazioni di base.


Il Congresso femminile

- Una volta l’anno si tiene il Congresso femminile, su convocazione del CC. Partecipano al Congresso tutte le compagne iscritte, le candidate, e le simpatizzanti. Solo le iscritte hanno diritto di voto. Le candidate e le simpatizzanti hanno diritto d’intervento. Le candidate anche di proposta. Il Congresso femminile affronta e decide le questioni politiche femminili sorte durante l’anno e durante l’attività di partito nelle varie organizzazioni di base, forma la Commissione femminile centrale, elegge le delegate al Congresso e le candidate al CC, nonchè la redazione dell'organo femminile centrale.

Il Comitato Centrale

- Il Comitato Centrale deve essere composto da almeno tre membri, di cui almeno due donne. Possono far parte in genere del Comitato Centrale le compagne e i compagni con una militanza non inferiore a tre anni, a parte il primo CC. Il Comitato Centrale dirige l’insieme dell’attività di partito; nomina la redazione; nomina il responsabile della scuola di partito e gli istruttori della stessa; forma le commissioni di lavoro; amministra la cassa.

La Presidente e l’Esecutivo Centrale

- La Presidente è eletta nel Comitato Centrale e rappresenta il partito. L’Esecutivo Centrale è nominato dal Comitato Centrale nel caso di sua composizione in numero uguale o superiore a quattro compagni, include la Presidente ed ha il compito di dare esecuzione alle decisioni dello stesso.

Le Sezioni

- Per costituire una Sezione occorrono almeno tre iscritti, di cui almeno due donne. Ogni anno si terrà il Congresso femminile, il quale formerà la Commissione femminile di sezione. Le Sezioni debbono tenere il loro Congresso ogni due anni (oltre ad eventuali Congressi straordinari su richiesta dell'Esecutivo o dell'Assemblea). Il Congresso elegge l’Esecutivo; dibatte i temi politico - organizzativi legati all’attività di sezione; revisiona i conti. L’Esecutivo dirige l’attività della Sezione; ne amministra la cassa; forma le altre commissioni di lavoro; convoca almeno una volta ogni tre mesi l’assemblea degli iscritti.

INCOMPATIBILITÀ

Non può far parte del partito chi vive sfruttando operai; oppure opprimendo mogli e/o figli, e in genere mantiene una condotta anti-femminile; e, infine, chi, pur essendo lavoratore, conduce una vita contraria ai principi rivoluzionari.
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(1) Nel testo, partito "rivoluzionario" o "proletario" sono sinonimi.

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3.1.07

 

Cina: donne in fuga dalle campagne e dal suicidio


Le donne sono quasi la metà dei migranti mingong(1). Fuggono dalle campagne dove la loro situazione è insostenibile. Un milione e mezzo tentano il suicidio ogni anno e 150 mila si uccidono. Ma in città le cose non vanno meglio e spesso finiscono nel racket della prostituzioneAngela PascucciLe donne sono quasi la metà dei mingong. A Pechino ce ne sono intorno a due milioni, di età compresa fra i 15 e i 40 anni. Han Hui Min, 26 anni, è stata una di loro. Una delle poche fortunate che sono riuscite ad infilare la porta della promozione sociale. Oggi è responsabile del Migrant Women's Club di Pechino, un Centro legato alla Federazione nazionale delle donne cinesi, che aiuta le migranti arrivate alle campagne offrendo loro vari tipi di assistenza: legale, formativa, ricreativa.

«Il primo impatto, racconta Hui Min, giunta nella capitale dallo Shandong nel 1999, è scioccante; e il prosieguo non è certo meglio». Alcune donne, circa la metà, seguono strade un po' più protette, aperte da mariti o parenti. Quelle sole vengono spesso reclutate da agenzie che battono le campagne attirando le ragazze con offerte di occupazione che spesso si rivelano truffe e sboccano nella prostituzione e nel crimine. Dati ufficiali sul fenomeno non ce ne sono. Inutile chiederli. E' però certo che la vita delle donne contadine è insostenibile e ciò spiega la voglia di fuggire ad ogni costo. Le statistiche sui suicidi, che invece ci sono e vengono diffuse dall'Organizzazione mondiale della Sanità, rivelano che, unico paese al mondo, in Cina le donne che scelgono di togliersi la vita, contribuendo a oltre la metà dei suicidi femminili nel mondo, sono più numerose degli uomini. Ogni anno un milione e mezzo di donne cinesi tentano di uccidersi, oltre 150mila ci riescono e nelle campagne la proporzione è tre volte quella dei centri urbani. Gli studi condotti rivelano che il problema di fondo è la disistima verso se stesse trasmessa dall'ambiente familiare. Indotte a non dare valore alla propria vita, quando la sofferenza psicologica e materiale diventa insopportabile si annullano in un atto di autodistruzione che è anche rivendicazione morale e spirituale. E che nel suo essere così estremo assume il sapore di un riscatto.

Chi fugge e se ne va, ha dunque in sé un forte spirito vitale ma l'approdo alla metropoli mette a durissima prova. La ricerca di una casa non è facile per nessuno, ma per le donne sole è un'impresa ancor più dura. In genere i migranti si sistemano in periferia, oltre il quarto anello, o nei vecchi quartieri dei vicoletti, gli hutong, occupando case destinate prima o poi ad essere demolite. A metà dicembre, ad esempio, è iniziato l'abbattimento di 22 villaggi abitati da migranti che si trovavano sull'area destinata agli impianti per le Olimpiadi del 2008. Il Centro cerca di dare una mano, fa pressioni sul governo affinché costruisca abitazioni anche per i mingong. Ma il compito è improbo e gli appelli cadono nel vuoto. Quanto al lavoro tanto inseguito, se gli uomini sono occupati prevalentemente nell'edilizia, al nero, le donne si impiegano soprattutto nei servizi, come cameriere o come colf, settori nei quali non è previsto dalla legge neppure uno straccio di contratto o di tutela. E alle donne che fanno le operaie non va certo meglio. Spesso assunte da fabbrichette clandestine, sono sfruttate all'estremo e maltrattate. Paradossalmente, spiega Han Hui Min, se la fabbrica è registrata a termini di legge, si può intervenire legalmente contro gli abusi. Se, come accade di frequente, non lo è, è impossibile difendere le donne. Una cameriera prende dai 500 ai 700 yuan (un euro equivale a circa dieci yuan), un'operaia può arrivare a 900, ma lavora 12 ore filate. Fino a poco tempo fa dilagava la pratica barbarica di non pagare neppure i mingong, approfittando della loro impossibilità a difendersi. Poi hanno cominciato a moltiplicarsi e a fare scalpore i casi di migranti che protestavano minacciando il suicidio con gesti clamorosi, come gettarsi dai palazzi in costruzione, talvolta passando all'azione. Il governo è finalmente intervenuto. I casi di insolvenza, che ammontavano a decine di miliardi di yuan in tutto il paese, si sono ridotti, anche se non sono certo scomparsi.

Il Centro offre assistenza legale, grazie ad avvocati e studenti volontari. Ma bisogna che le vittime siano consapevoli dei loro diritti e abbiano la forza di affermarli. Un ostacolo è anche la decorrenza dei termini: se non si fa causa entro 60 giorni dalla data dell'abuso subito, si perde ogni possibilità di avere giustizia. Un altro problema femminile assai grave è la salute, dice Han. Curarsi costa caro e le donne si trascurano, con gravi conseguenze. Il Migrant Women's Club è nato dieci anni fa, sulla spinta impressa dal Forum mondiale delle donne tenuto a Pechino nel 1995, e oggi vi fanno ricorso circa 10mila migranti all'anno, neppure tante, rispetto alla marea che incalza. Viene da chiedersi come riesca a far fronte a tante richieste, guardando le due stanzette minuscole in cui è racchiusa la sede, alloggiata in una vecchia casa a due piani, un po' cadente e nascosta fra i palazzoni della zona del ponte Anzhen. Le pareti sono tappezzate di drappi di velluto rosso con scritte dorate: sono gli attestati di ringraziamento del governo al Club. Riconoscenza che non riesce a nascondere, anzi rivela, quanto poco impegno in realtà venga profuso dalle istituzioni nella soluzione dei problemi di quei milioni di donne che «fluttuano» attraverso la Cina, fantasmi servizievoli che nessuno vuole vedere.
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(1) Mingong deriva dalla contrazione del vocabolo nongming (contadino), unito a gong ("lavorare a cottimo"): dunque, chi lavora senza essere gongren, cioè operaio.

(il manifesto, 2.1.07)

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"La donna libera dall’uomo, tutti e due liberi dal Capitale"

(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921)

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Sciopero generale, subito!

Stop agli omicidi del profitto! Blocchiamo per un giorno ogni attività. Fermiamo la mano assassina del capitale. Organizziamoci nei posti di lavoro in comitati autonomi operai con funzioni ispettive. Vogliamo uscire di casa... e tornarci!

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