24.4.07
Lea Giaccaglia (1897-1936)
Giaccaglia Lea, da Umberto e Maria Paccapelo; n. il 17/10/1897 ad Ancona. Il padre, funzionario delle ferrovie dello stato, era di idee anarchiche; la madre e il fratello Aldo, invece, socialisti. Studiò da maestra. Fino dal 1916 fece parte attiva dell'organizzazione del PSI. Il 30/4/19 sposò il ferroviere socialista Paolo Betti. Il 14/11/20, al termine di un convegno delle sezioni socialiste massimaliste bolognesi sottoscrisse, assieme a C. Casucci, Antonio Graziadei, Leonello Grossi e Anselmo Marabini, l'appello per una collaborazione fra i massimalisti e gli aderenti alla frazione comunista del PSI, «per impedire il minacciato disgregamento delle forze comuniste», paventato in previsione del XVII congresso del PSI a Livorno, storicamente definita la «circolare Marabini- Graziadei».
Dopo l'arresto del marito, avvenuto nel maggio 1927, per poter continuare la sua attività politica, rivolta all'organizzazione sindacale e politica delle donne, affidò la propria figlioletta, Luce, alla solidarietà di una famiglia di comunisti francesi. Il 27/10/27 venne arrestata a Torino con altri antifascisti (denunciati dal delatore Jonna, che rivelò l'esistenza di materiale di propaganda a Torino). Subì due mesi di segregazione nel carcere di Perugia, dove fu tenuta a digiuno e semidigiuno per cui contrasse la tbc, allo scopo di indebolire le sue forze fisiche e morali e poter avere da lei notizie e nomi. Con sentenza istruttoria del 5/2/29 fu rinviata al Tribunale speciale e condannata, il 6/3/29, a 4 anni e 3 mesi di carcere. Oltre che di ricostruzione del PCI e propaganda comunista, fu ritenuta colpevole di «azione antinazionale per aver affidato, dopo l'arresto del marito, la propria figlia a una famiglia di comunisti francesi». Durante il periodo della detenzione apprese, dalla voce del figlio, Vero Betti, la notizia della morte della sua bambina, Luce, avvenuta il 3/6/28 a Mosca, dove le erano state prestate le più amorevoli cure per salvarle la vita.
Scontata la pena nel carcere di Venezia, il 27/10/31, tornò a Bologna, dove la locale Commissione provinciale, il 18 novembre successivo, provvide ad assegnarla al confino di polizia per 5 anni. Ciò — si legge nella scheda di PS — «in considerazione che la Giaccaglia, irriducibile comunista, è elemento capace di dedicarsi proficuamente ad opera di riorganizzazione e propaganda comunista e che i vincoli della libertà provvisoria sarebbero insufficienti a contenere la irriducibile tendenza di svolgimento di attività sovversiva». Prima della partenza per l'isola di Lipari (ME), avvenuta il 24/12/31, ebbe l'autorizzazione a un colloquio con il marito, rinchiuso nel reclusorio di Castelfranco Emilia (MO), dove scontava la pena inflittagli dal Tribunale speciale. «In tale colloquio» — annota ancora la scheda di PS — la Giaccaglia «tenne a dire al marito che, a seguito degli addebiti per l'assegnazione al confino, non aveva dichiarato alle autorità di essere pentita dell'attività antinazionale svolta».
Il 28/11/32, venne deferita «in stato di arresto» al Tribunale speciale, perché ritenuta «responsabile di aver ricostituito fra i confinati. [...] il disciolto partito comunista». Il 21 dicembre successivo, venne dimessa dalle carceri dopo essere stata prosciolta per insufficienza di prove. Il 27/1/33, soppressa la «colonia di Lipari», fu trasferita a Ponza (LT). In questo stesso anno, l'8 giugno, fu condannata a 5 mesi di arresto per contravvenzione al confino, pena che scontò in carcere per 4 mesi. L'11/7/34 ebbe commutato il restante periodo di confino in un biennio di ammonizione. L'1/6/36, per le misure disposte dal fascismo «in occasione della vittoria delle armi italiane in Etiopia», venne prosciolta dai vincoli e dagli obblighi dell'ammonizione. Morì a Bologna, appena 40 giorni dopo, il 10/7/1936. Al suo nome sono stati intestati un nido e una scuola dell’infanzia di Bologna.
Lettere dal carcere e dal confino di polizia indirizzate al marito Paolo Betti ed altre carte sono state pubblicate nel Carteggio Paolo Betti e Lea Giaccaglia, in “Annali Istituto Gramsci Emilia Romagna, 1/1997”, Bologna, Clueb, 1998. [AR]
(tratto dal Dizionario Biografico: Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri.)
Scontata la pena nel carcere di Venezia, il 27/10/31, tornò a Bologna, dove la locale Commissione provinciale, il 18 novembre successivo, provvide ad assegnarla al confino di polizia per 5 anni. Ciò — si legge nella scheda di PS — «in considerazione che la Giaccaglia, irriducibile comunista, è elemento capace di dedicarsi proficuamente ad opera di riorganizzazione e propaganda comunista e che i vincoli della libertà provvisoria sarebbero insufficienti a contenere la irriducibile tendenza di svolgimento di attività sovversiva». Prima della partenza per l'isola di Lipari (ME), avvenuta il 24/12/31, ebbe l'autorizzazione a un colloquio con il marito, rinchiuso nel reclusorio di Castelfranco Emilia (MO), dove scontava la pena inflittagli dal Tribunale speciale. «In tale colloquio» — annota ancora la scheda di PS — la Giaccaglia «tenne a dire al marito che, a seguito degli addebiti per l'assegnazione al confino, non aveva dichiarato alle autorità di essere pentita dell'attività antinazionale svolta».
Il 28/11/32, venne deferita «in stato di arresto» al Tribunale speciale, perché ritenuta «responsabile di aver ricostituito fra i confinati. [...] il disciolto partito comunista». Il 21 dicembre successivo, venne dimessa dalle carceri dopo essere stata prosciolta per insufficienza di prove. Il 27/1/33, soppressa la «colonia di Lipari», fu trasferita a Ponza (LT). In questo stesso anno, l'8 giugno, fu condannata a 5 mesi di arresto per contravvenzione al confino, pena che scontò in carcere per 4 mesi. L'11/7/34 ebbe commutato il restante periodo di confino in un biennio di ammonizione. L'1/6/36, per le misure disposte dal fascismo «in occasione della vittoria delle armi italiane in Etiopia», venne prosciolta dai vincoli e dagli obblighi dell'ammonizione. Morì a Bologna, appena 40 giorni dopo, il 10/7/1936. Al suo nome sono stati intestati un nido e una scuola dell’infanzia di Bologna.
Lettere dal carcere e dal confino di polizia indirizzate al marito Paolo Betti ed altre carte sono state pubblicate nel Carteggio Paolo Betti e Lea Giaccaglia, in “Annali Istituto Gramsci Emilia Romagna, 1/1997”, Bologna, Clueb, 1998. [AR]
(tratto dal Dizionario Biografico: Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), a cura di A. Albertazzi, L. Arbizzani, N. S. Onofri.)
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