5.7.07

 

Il flop della 40 dati alla mano


Meno gravidanze, più parti a rischio. La legge sulla procreazione assistita non funziona. Lo dice L'Istituto di sanità. (Cinzia Gubbini)

Meno bambini ma anche più rischi per le donne e i nuovi nati nonché più insuccessi, con aborti spontanei e morti intrauterine. Risultati pessimi dopo tre anni di applicazione della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita. A dirlo sono i dati dell'Istituto superiore di sanità (Iss), i primi da quando la legge per «mettere fine al Far west» - secondo lo slogan coniato dal governo Berlusconi - ha iniziato a funzionare. Ieri il ministro alla Salute Livia Turco ha inviato la sua relazione al parlamento. Forte delle percentuali inattaccabili distribuite dall'Iss, il giudizio del ministero è secco: «Mi auguro che continui una riflessione rigorosa e sobria sulla legge, a tre anni dalla sua applicazione, a partire dagli esisti dell'applicazione delle tecniche». Insomma, secondo il ministro - che pure evita di scendere nell'arena dei favorevoli o dei contrari alla legge 40 - poiché la legge non funziona, bisognerebbe agire di conseguenza. Modificandola? Ieri si sono creati di nuovo i due noti fronti: chi è favorevole a cambiarla e chi no. Ma con una significativa differenza: a destra - tranne rare voci, come quella della deputata di Forza Italia Chiara Moroni - non ci sono più le aperture che anche autorevoli esponenti dell'allora maggioranza mostravano quando si trattava di invitare le persone a disertare il referendum per l'abrogazione della legge 40, promettendo che - in seguito - si sarebbe aperta una discussione in parlamento. A favore di una modifica della legge - e non soltanto delle sue linee guida - sono scesi in campo ieri il Prc, i Verdi, ma anche l'Italia dei Valori e qualche sparuta voce dei Ds. Tutti invitano a un «confronto» con l'opposizione, se non altro per i voti risicatissimi al senato, anche se non tira aria di collaborazione. La destra ora difende a spada tratta la legge, promette barricate per impedirne «lo smantellamento» e accusa il ministero di voler dare una lettura «ideologica» dei dati.

Eppure la relazione si basa su puri numeri: diminuiscono le gravidanze e aumentano i parti plurimi, un dato in controtendenza rispetto al resto d'Europa. Fare un confronto con l'ultima relazione dell'Iss - risalente al 2003 - è complicato perché allora operavano soltanto 120 centri, che oggi sono saliti a 330. In termini percentuali la diminuzione delle gravidanze è pari a 3,6 punti, ovvero 1.041 gravidanze in meno. Ma la sinfonia non cambia confrontando i risultati ottenuti in 96 centri operanti già nel 2003. Anche in questo caso è evidente una diminuzione di efficacia delle tecniche di procreazione assistita: in questo caso il calo di gravidanze è del 2,6%. Secondo il ministero non c'è dubbio su chi sia il colpevole: la legge 40. Ma come? La legge sulla procreazione da un lato impone un limite alla produzione di embrioni (tre), dall'altro obbliga a impiantare tutti quelli che si formano. Cosicché da una parte si osserva un aumento (13,7% nel 2003, 18,7% nel 2005) di tentativi di gravidanza effettuati con un solo embrione. Una tendenza determinata dalla impossibilità di produrne di più, e non dalla valutazione del medico in base alle caratteristiche della donna. D'altro canto nel 2005 ben l'80% delle fecondazioni è avvenuta trasferendo più di un embrione. Nel 50,4% dei casi ne sono stati trasferiti tre, come da obbligo di legge. Ciò ha determinato un'impennata dei parti plurimi, più a rischio tanto per le donne che per i bambini: nel 2003 erano pari al 22,7%, nel 2005 erano invece 24,3%.

Ma ci sono anche altri elementi che emergono dalla relazione dell'Istituto. Ad esempio l'aumento delle gravidanze che non vengono portate a termine: erano il 23,4% nel 2003, sono passate al 26,4% nel 2005. Anche questo elemento, spiega la relazione, è determinato dall'obbligo a impiantare tutti gli embrioni prodotti. L'Istituto punta il dito anche sull'attuale stato dei centri della fecondazione: è vero che ce ne sono parecchi, ma spesso operano soltanto pochissimi interventi. Secondo il ministero «è necessario migliorare la qualità dei servizi da offrire alle coppie, giacché l'esperienza nell'applicazione delle tecniche riveste un ruolo determinante». Allo stesso modo, esiste una disomogeneità territoriale tra nord e sud nella distribuzione dei centri, causa principale della cosiddetta «migrazione» da regione a regione. Senza contare la «migrazione» all'estero dove, secondo la relazione, le coppie italiane si trasferiscono non soltanto per usufruire di leggi più aperte, ma anche per ottenere migliori risultati.

(il manifesto, 3.7.07)

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