12.10.07

 

Nobel per la letteratura a Doris Lessing


Non era tra le favorite. Ma ce la ha fatta. E' l'undicesima scrittrice che entra nell'Olimpo dell'Accademia di Svezia. Definita di volta in volta marxista, femminista, anticolonialista, è stata tutto questo, ma rifiutando qualsiasi etichetta. (Maria Vittoria Vittori)

Non compariva il nome di Doris Lessing nell'elenco ufficioso dei candidati favoriti al Nobel per la letteratura. Tra i numerosi scrittori c'erano solo due nomi femminili: quelli di Margaret Atwood e di Joyce Carol Oates. Entrambe grandi scrittrici che avrebbero meritato il Nobel, ma la sua attribuzione a Doris Lessing, autrice che ha saputo attraversare un secolo intero di bufere politiche, sociali, ideologiche, di straordinari cambiamenti in ogni campo, mantenendo intatta la voglia di raccontarli e di raccontarsi, ci rende felici. Per più di una ragione. Perché, prima ancora di essere una grande scrittrice, è una persona che, all'interno di culture e movimenti disparati, ha sempre cercato una sua originale fisionomia sotto il segno della difficoltà e dell'opposizione.

Sarà forse perché è venuta al mondo in un anno particolare come il 1919, in cui «mezza Europa era un cimitero e la gente moriva a milioni in tutto il mondo»; sarà forse perché la mamma, Emily Maude Mc Veagh, infermiera di educazione vittoriana e moglie di Alfred Taylor, giovane bancario trasferito a Kermanshah, in Persia (due perfetti prodotti dell'Impero britannico) non le aveva ancora trovato un nome. «Sentendo che nessuno ci aveva pensato, il dottore si chinò sulla culla e disse conciliante: Doris?» così riferisce la Doris in questione, a quasi settant'anni di distanza, nel libro autobiografico Mia madre (Bollati Boringhieri, 1988), meditata revisione di un rapporto tra una madre e una figlia troppo diverse per capirsi davvero. Trasferitisi in Rhodesia nel 1925, i coniugi Taylor hanno idee chiare su Doris: deve crescere nel recinto dei "farmers", come una brava bambina borghese. Ma lei è da subito curiosa del mondo che la circonda, è avida di esperienze e vuole viverle, in un modo che la timorata infermiera Emily ritiene poco salutare. A quindici anni va via di casa, si impiega come telegrafista a Salisbury, si sposa e mette al mondo due figli.

Tutto quello che fa emana un sentore di scandalo: frequenta neri e sovversivi, entra a far parte di un gruppo comunista, si separa dal marito e si mette insieme, nel pieno della seconda guerra mondiale, a un'attivista politico tedesco di origine ebrea, Gottfried Lessing, assumendone il cognome quasi a ribadire il suo desiderio di essere al di fuori di ogni identità nazionale. Ibridazione sembra essere la sua parole chiave, e nella vita privata e nell'attività di scrittura: immersione nelle più svariate tematiche, fondendo tecniche e stili diversi. Decisamente le barriere non le piacciono, a cominciare da quelle dettate dall'affetto materno, tanto più oppressive proprio in quanto generate da un eccesso d'amore. Non è nemmeno adesso un discorso facile da affrontare, figurarsi tra gli anni Trenta e Quaranta, quando quella che Doris acutamente definisce la tirannia sentimentale materna era qualcosa di inavvertito come l'aria che si respira. Se Doris Taylor è nata in 22 ottobre del 1919, quella che noi conosciamo come Doris Lessing è nata nel 1950, quando, di nuovo libera da vincoli matrimoniali, si trasferisce a Londra e pubblica il suo primo libro L'erba canta storia di un rapporto controverso tra una donna bianca e un servitore di colore. «Ero nata dal mio stesso io, così mi sentivo», scrive nella parte conclusiva di Sotto la pelle , il primo volume della sua autobiografia (Feltrinelli 1994).

E questa donna appena nata all'autodeterminazione e alla consapevolezza di sé è una di quelle scrittrici "avide" che si sono soffermate con curiosità, con passione, con inesauribile desiderio di conoscere e di capire su ogni aspetto della vita. Davvero, «una narratrice epica dell'esperienza femminile», come recita la motivazione del Nobel. Ha analizzato i meccanismi coercitivi dell'educazione femminile e del matrimonio in Martha Quest (1952), che inaugura il ciclo I figli della violenza cui appartengono Un matrimonio per bene (1954), con riconoscibili riferimenti personali e Echi della tempesta (1958) il più autobiografico di tutti, in cui «c'è il gusto, il sapore, la consistenza, l'odore» del suo periodo di militanza comunista (gli ultimi due libri di questa serie, Landlocked e Four-Gated City , saranno pubblicati a breve da Feltrinelli, l'editore italiano della maggior parte delle opere dell'autrice).

Servendosi dello strumento privilegiato della short story, Lessing ha indagato con sensibilità e acutezza all'interno di mondi e culture ibride: nella Rhodesia, ancora colonia britannica e terra di contrasti razziali, con i Racconti africani , che le valsero nel 1956 l'ostracismo di Zimbawe e Sud Africa, e in una Londra multietnica e tuttavia discriminatoria con i Racconti londinesi (1987). La formazione femminile che necessariamente passa attraverso l'esperienza sociale, politica e culturale, è la struttura portante del Taccuino d'oro (1962) libro controverso e accolto con numerose critiche che finì per diventare, come commenta l'autrice con una punta di divertita ironia «la Bibbia del movimento delle donne»; il rapporto madre-figlio, una delle spine per lei più pungenti, è sottoposto a una nuova interpretazione in Il quinto figlio (1988) storia di un bambino diverso, "mutante", che fa saltare ogni equilibrio all'interno di una tranquilla famiglia borghese. Romanzo particolare, perché testimonia della passione di questa scrittrice - che pure si può considerare per molti aspetti una maestra del realismo - per l'elemento visionario. Un elemento costitutivo della fantascienza, genere a torto considerato minore, a cui si accosta fin dagli anni Settanta, con opere come Memorie di una sopravvissuta (1974) e Mara e Dann (1979) entrambe pubblicate da Fanucci, in cui si fondono alcuni dei suoi temi prediletti: il rifiuto di ogni tipo di convenzione e discriminazione, l'indimenticato paesaggio africano, la considerazione speciale dell'adolescenza, cui è demandato il compito di rifondare su nuove prospettive la vita associata.

Non solo agli adolescenti e alle donne in formazione si rivolge l'attenzione di Doris Lessing: un posto particolare è riservato a un argomento spinoso e per molti versi ancora interdetto come la vecchiaia. Questo suo interesse si manifesta nel 1984 con il romanzo Se gioventù sapesse ; prosegue con Amare, ancora storia di passioni teatrali e amorose e si conclude (per il momento) con il racconto intitolato Le nonne (nell'omonima raccolta del 2003), storia di affetti che oltrepassano le convenzioni legate all'età. Se ancora restava, nella nostra cultura occidentale, quest'ultimo tabù relativo al sesso e all'amore nella vecchiaia (e soprattutto dal versante femminile), negli ultimi anni Doris Lessing si è dedicata a sfatarlo, con quella sua particolare dote da lei definita «una quieta ostinazione nell'immaginare il futuro».

(Liberazione.it, 12.10.07)

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