17.2.08

 

Anche in Spagna la crociata anti-aborto


Donne denunciate dalla polizia, ispezioni alle cliniche, antiabortisti d'assalto. E il Partito popolare scatena una campagna preelettorale, sostenuto dai vescovi (A.D'A.)

«Tutti hanno visto quelle scene terribili di bambini al settimo mese di gestazione finiti nel tritacarne». Le parole, di pesante accusa, sono di Ana Botella, assessore comunale a Madrid per il Partido Popular, ma anche e soprattutto moglie di José Maria Aznar. Le «scene terribili» pare che le abbia viste solo lei, ma poco importa, tutto fa brodo, anche in Spagna, pur di sostenere la battaglia contro l'interruzione volontaria della gravidanza. A maggior ragione ora che si avvicinano a larghe falcate le elezioni generali, fissate per il 9 marzo, e anche la Chiesa è scesa in campo. Ana Botella, in odore di appartenenza ai Legionari di Cristo, è il politico che con più enfasi e determinazione ha lanciato la crociata anti-abortista, seguita a ruota da Radio Cope, la potentissima emittente di proprietà della Conferenza episcopale spagnola. La cupola del Pp per ora tace.

L'aborto in Spagna esiste dal 1985, o meglio dal 1985 esiste una legge che lo depenalizza, ma solo in tre casi: violenza, malformazione del feto e per evitare un grave pericolo per la salute fisica e psichica della madre. Si tratta di una legge restrittiva, ma anche assai ambigua, tanto che l'aborto viene praticato con una certa facilità nelle cliniche private mentre è praticamente impossibile realizzarlo negli ospedali pubblici (solo il 2% viene realizzato nelle strutture pubbliche). La polemica in Spagna è ripartita a dicembre, quando veniva scoperta a Barcellona una rete di cliniche (con ramificazione anche a Madrid) che si sarebbero dedicate agli aborti illegali, ossia dopo la 22esima settimana di gestazione. Giusto l'altro ieri ha testimoniato di fronte al giudice il ginecologo di origine peruviana Carlos Morin, considerato il cervello di questa trama.

Al di là delle responsabilità e delle irregolarità che emergeranno delle indagini (gli elementi contro Morin pare che non manchino), la notizia ha rinvigorito gli animi della destra più conservatrice, che si è lanciata, secondo il personale di diverse cliniche di Madrid, in una vera e propria «caccia alle streghe», facendo di tutta l'erba un fascio. Proprio nella Capitale il clima è il più teso, sia per l'attivismo da strada dei gruppi pro-vita che per quello politico di Ana Botella e di Esperanza Aguirre, presidente popolare della regione e vera e propria dama di ferro del Pp. La sanità, tra l'altro, viene gestita dalle regioni. E così, forse casualmente, da dicembre sono aumentate in maniera esponenziale le ispezioni, due cliniche sono state chiuse per irregolarità amministrative e medici e personale sanitario sono stati addirittura aggrediti. Un clima di intimidazione che a gennaio ha portato ad una settimana di scioperi degli aborti.

I problemi non finiscono qui. Sulla base di diverse accuse presentate da organizzazioni antiabortiste, numerose donne sono state chiamate a giudizio, accusate di aver praticato aborti illegali. In pratica un panorama molto simile a quello napoletano, con metodi, anche in questo caso, poco ortodossi da parte delle forze dell'ordine. Carolina, una giovane di 19 anni chiamata a testimoniare proprio nel caso Morin, ha dichiarato a El Pais che la polizia l'ha minacciata, invitandola a parlare contro il medico che l'ha operata: «Se non dichiari penseremo che nascondi qualcosa». Ancora oggi non sa se quando verrà chiamata di fronte al giudice lo farà come testimone o come imputata.

(il manifesto, 16.2.08)

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"Irregolarità"? Morin chiedeva 4 mila euro per un aborto alla 31ma settimana. Vi sembra un eroe dei diritti della donna?
 
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(Camilla Ravera - L’Ordine Nuovo, 1921)

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